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martedì 26 novembre 2013
venerdì 22 novembre 2013
Professione Perpetua
Carissimi,
abbiamo la gioia di annunciarvi la prima delle due professioni perpetue che avremo in queste prossime settimane. La
prima è quella del Chierico Mario Juričević, della Comunità di San
Benigno Canavese, passato alla nostra Ispettoria nel corso di questi
ultimi mesi. Vi invitiamo ad accompagnarlo con la preghiera e, se possibile, anche accompagnarlo nel momento della sua professione..
Con un caro saluto
Don Giorgio
venerdì 15 novembre 2013
sabato 9 novembre 2013
mercoledì 6 novembre 2013
Ospedale italiano di Damasco
SALESIANI SOCCORRONO FERITI
E AIUTANO FAMIGLIE IN DIFFICOLTA'
DELL'INVIATO ALBERTO ZANCONATO
(ANSA) - damasco, 6 nov - Per arrivarci basta
dire al tassista che si vuole andare dai "telieni", gli
italiani. E’ qui, nel quartiere di Mazraa, che dal 1913, sotto la direzione delle suore salesiane, opera l'ospedale italiano di
damasco. Un centro chirurgico dove sono
stati curati profughi palestinesi, iracheni
e semplici cittadini siriani e che da due anni soccorre gratuitamente i feriti dei bombardamenti e delle
autobomba che colpiscono la capitale.
"Ci sono stati giorni in cui sono arrivati
30 feriti, li abbiamo sistemati anche nei
corridoi, dandoci da fare tutti come potevamo,
medici, infermieri e suore", racconta la madre superiora, Annamaria scarsella, trasferita in Siria
nel 2011 dopo 41 anni passati nelle
scuole e nelle missioni del Messico, compresa
la regione del Chiapas. Fuori di tanto in tanto si sente il rumore delle
cannonate che partono dalle postazioni
governative verso i sobborghi ribelli,
che a loro volta colpiscono quasi quotidianamente il centro della capitale con colpi di mortaio e razzi. Uno
di questi ha centrato ieri la nunziatura
apostolica, distante un paio di
chilometri da qui, senza provocare feriti. Ma su altri quartieri periferici abitati da cristiani i
bombardamenti sono continui. Come quello
di Jaramana, nel sud della citta', dove dall'inizio
del conflitto sono caduti 2.800 obici. A raccontare la storia dell'ospedale,
ospitato con i suoi 55 posti letto e 70
medici in un edificio vecchio ma ordinato, è una suora siriana, Widad Abiad, che lo conosce da quando aveva 13 anni, avendo frequentato la scuola salesiana
annessa prima che questa fosse nazionalizzata,
nel 1967. "Quest'anno è il centenario
del nosocomio, fondato dall'egittologo Ernesto Schiapparelli. Durante la seconda guerra mondiale è stato occupato dai britannici, ed è rimasta solo una suora a
fare la guardiana. Poi l'attività è
ripresa". L'ospedale è oggi un punto di riferimento per la popolazione,
nella tempesta che scuote la capitale. così come
il vicino oratorio e centro catechistico
dei salesiani, frequentato da 200 bambini
e 300 giovani, che cura anche la distribuzione di cibo per famiglie in difficoltà, attività di aiuto
psicologico e corsi di formazione e
sostegno scolastico. "Accogliamo ragazzi cristiani di qualsiasi rito", sottolinea il responsabile, il
prete venezuelano Alejandro José Leon. Con i
suoi 34 anni, il maglione, i jeans, il fisico atletico e i modi rilassati, non
è molto diverso dai ragazzi più grandi
della comunità che giocano a calcetto in
cortile. Abu ("padre" in arabo) Alejandro ha passato due anni ad
apprendere l'arabo in Egitto e poi ha studiato
cinque anni in Italia, continuando ogni
estate a venire a damasco o Aleppo a lavorare.
Da tre anni vive qui. ad aiutarlo un aleppino di 29 anni, Munir Hanashi, appena ordinato sacerdote dopo
cinque anni di studio a Torino. Un altro
salesiano della comunità è Luciano Burati,
65 anni dei quali 25 passati a Qamishly, vicino alla frontiera con la Turchia, che ora gestisce una casa
dell'ordine a Kafrun, nella provincia di
Homs. qui, nella Wadi al Nasara (la valle
dei cristiani), sono ospitati 40 sfollati da Aleppo. "Le famiglie in
difficoltà nella nostra comunità sono tante", dice padre Leon. "Molti impiegati nel turismo o
nelle ambasciate europee che hanno chiuso
hanno perso il lavoro. Tutto questo si aggiunge
ai pericoli quotidiani. La maggior parte dei nostri ragazzi viene da quartieri popolari, in particolare Dweila
e Jaramana. Ogni giorno dobbiamo valutare
i rischi e decidere se mandare o meno i pullman
a prenderli. Una volta è successo che un
mortaio è caduto davanti e uno dietro a un nostro mezzo pieno di bambini". eppure l'estate scorsa 150 ragazzi
hanno celebrato con una festa la giornata
mondiale della giovenù'. "Tutti - dice padre Alejandro - sono stati
toccati dalla guerra. Chi ha avuto un
cugino ucciso, chi un amico, chi un vicino.
in questa situazione c'è chi dice: 'se esiste dio, come può permettere questo?'. Ma altri, che prima venivano
all'oratorio solo per giocare, adesso mi dicono:
'Abu, ho capito, non c'è altro che dio'.
Tra i nostri giovani c'è una nuova fioritura di fede, c'è un ritorno di vita
evangelica".
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